mercoledì 15 ottobre 2008

La storia che interessa e diverte (parte VII)

Fino al 1839 era la Repubblica a fare il pane; considerato però il costo eccessivo di questo monopolio, il Governo diede la fabbricazione in appalto ed il prezzo del pane venne fissato secondo il valore del frumento.
Nel 1303, quindi ancora in regime di monopolio, i fornai chiedevano per ogni quarto di mina (unità di peso) quattro denari e mezzo in inverno e cinque in estate e due soldi e mezzo per una mina intera.
Il lavoro nei forni era intenso. L'impasto di farina, acqua, sale e lievito avveniva in modo davvero curioso: il materiale veniva depositato a terra su sacchi lungo una trave che si trovava in alto e sopra la quale si facevano passare delle corde, da uno degli estremi fissate, dall’altro pendenti. Ad esse si tenevano con forza i lavoranti che con i piedi ricoperti da calze apposite impastavano la farina a sua volta ricoperta da sacchi come quelli sottostanti. Davvero, come è tradizione dire, il pane era fatto con i piedi.


I forni genovesi erano in origine attigui al Portofranco e vennero spostati per permettere di ingrandire lo stesso ed anche per allontanare il fuoco, pericoloso per le altre merci. Per questo con decreto del 18 agosto 1722 venne data la possibilità di costruire nuovi forni a Castelletto. Contribuì alla spesa il Banco di San Giorgio, elargendo lire centoventimila di “numerata valuta” e lire duecentomila di “moneta corrente”. La nuova fabbrica, ricca di acqua, fu installata e terminata in periodo di dominazione francese.
Ancora oggi Vico dei Fornai, Piazza dietro i Forni, Salita dei Molini restano a testimoniare la presenza dei forni proprio nella zona della Maddalena.

lunedì 6 ottobre 2008

In valigia

Dico sempre che ci siamo chiamate “Creattivando” con un po' di presunzione..

Se da semplici appassionate di arti manuali venivamo interpellate dalle amiche per trovare la soluzione per le tende della cucina, per l'impiego di una stoffa bella ma non disponibile in abbondante metratura, nell'utilizzo di una lana dimenticata nell'armadio e forse fuori moda ecc ecc da imprenditrici abbiamo voluto che il messaggio fosse chiaro: attivare la creatività nostra e delle nostre clienti.
Questo motto è diventato realtà, viste le signore che vengono in laboratorio o ci scrivono anche solo per ricevere un consiglio o per completare una creazione o per realizzare una propria idea.
Nasce così la ciabattina da viaggio: una signora ci ha richiesto una soluzione per mettere in valigia una ciabattina carina, sfiziosa ma che non occupasse tanto spazio.

Questo è il risultato!

Poteva mancare il tocco originale del macramè? Lo sapete, per noi è impossibile resistere. Nasce così il corallo, la stella marina o il timone per impreziosire l'oggetto e portare in ogni nuova località un pezzetto del nostro mare..

domenica 5 ottobre 2008

La storia che interessa e diverte (parte VI)

Bartolomeo Scappi. Possiamo dire il Gualtiero Marchesi del '500?
Durante il Rinascimento i cuochi italiani sono tra i più creativi, i più abili e i più rinomati d’Europa ma è nella seconda metà del secolo con Scappi che l’alta cucina italiana raggiunge il suo massimo livello di raffinatezza e diversità. Egli fu per 30 anni capocuoco presso il Palazzo Pontificio e fu autore di un trattato dal semplice titolo "Opera" (1570), vera e propria summa dell’arte culinaria europea del Rinascimento.

Tra le pagine del trattato troviamo la ricetta di un prelibatissimo piatto, proponibile anche nel 2008, no ??

Gattafura alla genovese

Si prendono gli agretti, formaggini freschi senza sale, si pestano nel mortaio tanto da ottenere la consistenza del burro e si aggiungono bieta tritata, un poco di menta battuta, pepe pestato. Si
stende un foglio di pasta su un tegame di rame imburrato, su cui poniamo il composto appena amalgamato non più alto di mezzo dito, sopra si sparga un filo di olio, coprendo il tutto con un altro sottilissimo foglio di pasta. Si procede con la cottura al forno o fra i testi e si serve ben calda, dice Scappi, perché fredda non val niente anche se a volte si riscaldano sopra la graticola.

venerdì 26 settembre 2008

Perché l'asciugamano nel cassetto?

Abbiamo deciso di inserire il blog nel sito perché volevamo un contatto diretto, sempre aggiornato, dinamico con i lettori; volevamo farvi conoscere le novità che ci riguardano, i nostri impegni futuri, suggerirvi le idee che maggior consenso hanno riscosso tra le nostre clienti.


E' per questo che oggi voglio puntare sull'attualità del macramè..
Quando le persone mi vedono lavorare immediatamente ricordano le nonne o le mamme che lo lavoravano e mi raccontano dell'asciugamano bello con una splendida lunghissima frangia che tengono rigorosamente nel cassetto. Perché relegare al cassetto delle opere d'arte, io voglio connotarle così, di questa portata??
Capisco che nei nostri bagni, accanto agli asciugamani di spugna, ben più pratici, l'asciugamano a macramè possa differenziarsi, stonare, non assolvere alle nostre esigenze di praticità ma non adoperare questo patrimonio di tradizione è perdere un'occasione: far conoscere ai giovani l'esistenza di questo passato innanzitutto, comunicare aldilà dell'apprezzamento la diversità del fatto a mano e del fatto a macchina, saper riconoscere e poter stimare il manufatto e la tecnica dell'artigiano. Dietro al pizzo ci sono esperienza, maestria e davvero un valore del tempo diverso dall'odierno.
Perché non mettere l'asciugamano sulla cassapanca o trasformarlo in una tenda? Oppure per la tavola di Natale o per la tavola di un'occasione importante sistemiamo l'asciugamano al centro magari giocando con i colori, se l'asciugamano è di lino dopo bianco facciamolo risaltare sopra una tovaglia tinta spago o se la ricorrenza è il Natale basterà mettere un fondo rosso oppure oro.
So già cosa stanno pensando le signore.. E per lavarlo? La frangia si annoda!!
Mettete a bagno il prezioso asciugamano in una bacinella con acqua tiepida e perborato per togliere le eventuali macchie; lavatelo pure in lavatrice, dopo averlo messo dentro una federa. Fate centrifugare a bassi giri in modo che l'asciugamano non esca dalla lavatrice strizzato e con un pettine a denti larghi ridate compostezza alla frangia.
Semplice potersi godere un pezzo di storia ligure no ??

giovedì 18 settembre 2008

Corso di disegno e stampa su tessuto

Se da Creattivando potete imparare la tecnica del macramè, nell'Atelier di Lucia Palmas potete seguire il Corso di disegno e stampa su tessuto.
Il corso è indirizzato alla conoscenza del disegno per la stampa dei tessuti e alla sua applicazione, grazie ad alcuni strumenti professionali messi a disposizione dell'Atelier. Il percorso, dopo un approfondimento della tecnica di disegno della superficie tessile, si svilupperà in una serie di progetti e studi attraverso i quali si potrà esprimere la propria creatività. Tale estro verrà stimolato dal lancio di alcuni temi creativi, dettati dall'Atelier: si progetteranno foulard, coordinati, disegni che comprenderanno interpretazioni sia per l'abbigliamento che per l'arredamento.
Un tema in particolare potrà essere sviluppato al termine del corso e trovare la sua realizzazione attraverso la stampa dello stesso su tessuto oppure si potrà avere la stampa di una serie di disegni, 90 x 60 cm, che formeranno un book.
Per qualsiasi informazione: luciapalmas@hotmail.com

La storia che interessa e diverte (parte V)

Oltre a coprire il corpo, l'abbigliamento rivelava il ceto sociale di appartenenza di chi lo indossava; se alla fine del ‘400 e agli inizi del ‘500 tratto distintivo era una maestosa compostezza di linee, nella seconda metà del secolo, per influenza del gusto spagnolo e del rigore morale instaurato dal Concilio di Trento, le fogge divengono rigide e talvolta artificiose.

E' nel Rinascimento che nasce l’arte del tessere e del tingere i tessuti. I dipintori di stoffe, validi professionisti, a volte sono gli stessi pittori e affrescatori delle chiese. Diversamente dai secoli precedenti, anche l’arte laniera raggiunge livelli importanti, presentando tessuti dai colori sgargianti quali il rosso, il verde intenso, il nero e il turchino. Le vesti a disegno di broccato a risalto su fondo di seta o lana è moda tipicamente italiana, dovuta proprio a Genova e a Venezia, dove profondamente si rivelano i continui rapporti con l’Oriente. Un tessuto signorile, molto elegante, pratico, fluente nella morbidezza, bellissimo nei riflessi di luce è il velluto, che, magistralmente realizzato dai tintori, fu usato per secoli. Se raso e velluto monocromi e lavorati insieme erano indizio di grande raffinatezza a fine ‘400, nel ‘500 la combinazione vede insieme raso, velluto e laminati d’oro.
La combinazione trovò grande consenso se vennero emanate delle leggi tese a calmare l’esuberanza di quelle dame che amavano abiti vistosi,costosi e di grande sfarzo. Un severissimo editto genovese del 1512 esclude per le nobili l’uso di broccati d’oro e d’argento e limita a non più di tre il numero delle vesti di seta o lana; esclude i colori troppo appariscenti, come lo scarlatto. Ai bimbi sotto gli otto anni è permesso solo il velluto; per le fantesche sono proibite vesti di seta, reti in testa, finestrelle alle maniche, scollature troppo audaci e capelli posticci. Queste leggi, in parte disattese, riuscirono però a limitare l'ostentazione di quella ricchezza che i commerci avevano portato a Genova nel 1500, identificato anche nell’impiego di oro, argento e pietre preziose, copiosamente utilizzati per ornare gli indumenti.

martedì 16 settembre 2008

Stile Artigiano a Savona



E' stato molto divertente partecipare a Stile Artigiano alla Fortezza del Priamar a Savona.

Abbiamo incontrato molte persone, ricevuto calorosi complimenti, spiegato la tecnica del macramè anche alla madrina della manifestazione Filippa Lagerback. Tante le signore che ci hanno chiesto di imparare ad annodare i fili, forse contagiate dalla nostra passione..
Abbiamo detto loro di venire in laboratorio a Genova per imparare ma grazie alla disponibilità delle 2 mosche bianche, Stefania e Anya titolari di una sartoria in Via Repetto ad Albissola, nei prossimi mesi potremmo soddisfare le richieste delle signore del Ponente, insegnando il macramè nel suddetto atelier.
Unico neo il tempo, davvero poco rispettoso del lavoro degli artigiani e dell'impegno dello staff organizzativo.