giovedì 28 agosto 2008

La Storia che interessa e diverte (parte III)



Semola, vitelli, capretti, castrati, salsiccia e carni salate, polli e piccioni, gamberi, pastinache, rape e altre erbe per insalata, cavoli e poponi, latte, ricotta, giuncate, burro, cacio, lardo, ciliegie, avellane, mandorle, fichi, noci, zibibbo, cialde, zuccherata, miele, zucchero, confetti, gengevero, mostarda, garofani, spezie, capperi, agreste.
Cos’è questo elenco? Alcuni vocaboli sono addirittura incomprensibili.. E’ una lista della spesa, datata 1378 e compilata per il ricco menu della cena tra gli ambasciatori inviati dal Comune di Genova e la corte del Signore di Padova.
Facciamo
un po’ di chiarezza perché certi nomi non sono più di uso comune. La “pastinaca” è una radice grossa, carnosa, di colore bianco giallognolo o forse allude alla carota; i “poponi” sono i meloni, le “avellane” le nocciole. Le “giuncate” sono fatte di latte rappreso, posto tra giunchi, una sorta di formaggetta, mentre l’agreste è un liquore che si ricava dall’uva acerba e che, salato, si adopera come condimento.
Queste semplici liste o le cronache dei banchetti famosi ci danno la dimensione di come fosse la vita in quei secoli, almeno per i nobili..
Nel 1325 a Savona si fece un decreto che ordinava di stanziare per i banchetti non più di 50 lire, troppo era lo sfarzo di queste cene. Al noto “banchetto del fagiano” che diede Filippo duca di Borgogna il 17 febbraio 1453, il servizio venne risolto con una serie di marchingegni spettacolari, che facevano scendere dal soffitto piccoli carri dorati, contenenti ciascuno ben 48 vivande diverse, tutto accompagnato dalla musica di 28 suonatori posti su di un immenso “pasticcio”.
Il famoso banchetto che il Cardinale bolognese Lorenzo Capeggio il 4 aprile 1536 organizzò per onorare l’ingresso dell’imperatore Carlo V a Roma comprendeva circa 780 piatti, divisi in “servizi di credenza”, i piatti freddi, e “di cucina”, i piatti caldi.

Nessun commento: