domenica 23 novembre 2008

La storia che interessa e diverte (parte VIII)


Nel corso del Rinascimento grande è l'interesse per i gioielli, non più solo monili e collane, anelli e fibbie, spille e bottoni ma anche splendidi diademi per l’acconciatura del capo.
Siamo di fronte ad un grande cambiamento tra l’oreficeria medioevale e quella rinascimentale: la prima è destinata ad arricchire gli altari delle chiese, la seconda è goduta da uomini e donne. Anche per gli uomini sono di gran moda le collane, che gli orafi fabbricano vistose e lunghe, con pendaglio di gran pregio.
La gioielleria italiana trova il suo genio nell’arte di Benvenuto Cellini, che creò gioielli per re ed imperatori di tutte le corti europee.
Gli orecchini, dalle forme assai
varie, sono il gioiello preferito nel Rinascimento: gemme di diverso colore incastonate in oro danno vita a splendidi orecchini pendenti. Molto usate le perle, che, anche di grande dimensione ed irregolari, venivano incluse in fregi smaltati, conferendo la forma di uccello o fiore ai monili.
Se all'interno della propria casa si indossavano i cammei, le contadine si ornavano di corallo, specialmente a Venezia e a Napoli, città dalla fiorente lavorazione.
Ma anche a Genova la tradizione del corallo si perde nella notte dei tempi. Testimonianze scritte ci ricordano che Genova e la Sicilia gareggiavano nella produzione del corallo già prima del 1000. Si accenna a coralli semplicemente lavorati nel 1154, a splendidi bottoni nel 1268, a fermagli spediti a Costantinopoli nel 1284.
Se fino al Cinquecento il corallo viene impiegato nei rosari e nelle collane, limitandosi al taglio dei rametti raccolti, alla loro arrotondatura e pulitura, è dal 1600 che la lavorazione si fa più articolata. E se la produzione siciliana finiva preferibilmente in Oriente, quella ligure raggiungeva i paesi dell'Europa occidentale.

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